Dopo un'abbuffata di improperi contro i piccoli negozi negli anni 90, dovuti soprattutto alla sinistra italiana che vedeva nella grande distribuzione organizzata (GDO) un modo per avere più persone sindacalizzate e meno piccoli imprenditori, imprenditori colpevoli di tutto, dal nero alla sifilide, ci si è resi conto che il collasso desiderato di decine di migliaia piccoli imprenditori, che avevano a loro volta dei fornitori, ha causato un bel buco nell'economia.
Uno dei tanti problemi voluti da una gestione dello stato sconsiderata.
Questa volontà politica insieme tutta una serie di altri fattori ha spinto in Italia a una distruzione colossale e violenta del piccolo negozio a favore della GDO in maniera molto anticipata e maggiormente profonda rispetto ad altre nazioni.
Ad oggi molte forze politiche stanno rivalutando il negozio di quartiere.
Del resto il negozietto operava, oltre alla pura vendita, una serie di attivita' di distribuzione, accumulo di scorte, controllo del territorio eccetera. Oggi sono diventati a carico della collettivita' con costi e soprattutto manchevolezze piuttosto chiari.
Fino a 25 anni fa nella mia via vi erano circa 100 negozi, prevalentemente di cibo come panettieri (una decina), minimarket (4) salumerie (6 almeno)... e non e' una via particolarmente lunga.
Ogni casa aveva sotto dei negozietti.
Oggi hanno appena riaperto un minimarket, ma non ci sono salumerie e la maggior parte di esercizi commerciali, se non ormai chiusi e riadattati a cantine, sono uffici di fantomatici servizi di cui non se ne capisce la natura, parrucchieri e strappapeli.
Per confronto i panettieri sono 2.
Le vie parallele sono anche peggio, una desertificazione folle.
Si noti che la via inizia nella zona definita dal comune (capoluogo) centro e va verso l'esterno per un km circa, non siamo in una zona suburbana.
La vulgata di alcuni poLLitici definisce il problema come "troppe tasse".
Dando per scontato che se non si dimezzano almeno le "tasse" (si noti che per la GDO sono piu' basse), non si va da nessuna parte, queste non sarebbero comunque bastanti al ritorno dei negozi.
Per chi non lo sa non solo le "tasse" (ecco perche' fra virgolette) propriamente dette sono ingenti, ma sui negozi gravano sia tassazioni dirette che indirette e oneri, spesso robe appioppate in maniera locale, affari per sostituire anche il lavoro dello stato, schifezze che sommate possono, per una piccola attività, esser piuttosto ingenti e improponibili.
Operare un negozio appena fuori dal perimetro senza santi in paradiso o "scorciatoie" vuol dire che il piccolo imprenditore ha un guadagno netto inferiore ad un reddito di cittadinanza, ma con una esposizione di capitali, e conseguente rischio, ingente.
Aprire un piccolo negozio, che speri di funzionare, oggi vuol dire mettere sul piatto almeno 400.000E, cifre inferiori condannano alla necessita' di entrare nell’illegalità con i numeri italiani.
Giuto per capirci: aprire un bar-panini con insegna Mc Donalds serve una disponibilità certificata di 1.000.000 di euro, se non la possiedi non cercare neppure di avere l'insegna, e' la prima cosa che ti chiedono. Non vogliono che tu fallisca dopo 6 mesi per mancanza d'investimento.
La domanda e' come poi si riesca a far fruttare i 400KE piu' di comprare un bond e sedersi in spiaggia con la tassazione italiana (per i bond di stato 12,5% contro circa il 70% di un negozio, cominciamo a capire che e' follia?).
Cosi' da un lato lo stato racconta di volere i piccoli negozi, gli ulluli della destra, spesso imitata dalla sinistra, fanno abbastanza ridere.
Dall'altro si introducono follie come il registratore di cassa connesso che non solo chi ha progettato la legge e' un ignorante, ma non prevede neppure normali casi d'uso.
In pratica un affare connesso e digitale che abbisogna di manovre molto manuali con sanzioni automatizzate (quelle si che le hanno subito pensate) e barocchismi degni di un Fantozzi al potere.
Per dirne una: la chiusura obbligatoria non e' automatizzata e porta con se multe (automatizzate) se non la fai in orario o gli aggiornamenti sono a pagamento (ma obbligatori) e non sempre disponibili.
Queste cose, oltre a chiamarsi follie, aumentano i costi.
Alla fine delle varie cose storte come la PEC obbligatoria per le PIVA e obbligatoriamente da non usare per la UE (e per il sottoscritto come vi dicevo da decenni) o la fattura elettronica non se ne parla quasi piu' in quanto alla fine si china il capo, si pagano i costi connessi (come un aumento delle multe) e si tira avanti se ci si riesce e se non si riesce... si chiude.
Nella mia vita ho visto diversi posti.
Posti tutto sommato simili alla mia zona, altri completamente diversi come potrebbe essere la Spagna, Tunisia, NY o il Giappone.
Inoltre fino al 2000 circa ricevevo sempre riviste specializzate che facevano il punto sulla cosa nel territorio europeo.
L'idea che mi sono fatto e' duplice e adiamo ad esaminarla in 2 grossi punti, tenendo sempre a mente che la tassazione e' comunque un grosso freno a mano tirato.
Il fatto che abbassare le tasse o dare 2 bonus non basta.
Occorre SEMPLIFICARE, oltretutto semplificare permette ai controlli fiscali di essere piu' semplici, dare le multe a chi effettivamente e' un malfattore, non ad uno che si e' dimenticato qualcosa (come comunicare a mano allo stato perché non ha fatto la chiusura serale della cassa connessa) e trovare piu' malfattori senza rompere il caxxo.
Fisco semplice = pochi furbi.
Fisco complicato= controlli costosi e poco affidabili.
Se guardiamo verso l'estero la prima cosa che notiamo del mercato del piccolo negozio (diciamo sotto i 600m2) è che in Italia il piccolo negozio e' un negozio piccolo che cerca di fare quello grande.
In pratica e' un negozio di piccola metratura, ma imita quello grande come esposizione e differenziazione.
Andate da un piccolo commerciante di casalinghi e trovate dalle posate al piatto, ma anche padelle e frullatori, per non parlare di tovagliette, un tavolo, una radiosveglia, un altoparlante e 2 sedie.
Tutto accatastato che non si capisce neppure dove trovare cosa.
Se fosse un bazar ai confini della civilta' avrebbe un senso, se e' in centro Milano...
Se andate in un piccolo commerciante di elettrodomestici non solo trovate telefoni insieme ad UNA lavapiatti, ma sopra questa appoggiato trovate un TV e a lato un aspirapolvere.
Nel negozio di PC a fianco casa vendono gli abbonamenti di SKY, un paio di TV e le lampadine.
In pratica l'unica mission aziendale dei negozi e' "acchiappali tutti".
Il perche' succede questo e' relativamente semplice: cultura bassa e bassi margini. La fame e l'ignoranza insieme fanno questo
L'italia e' un paese in cui la maggior parte della popolazione e' un villico senza istruzione, non a caso la bassa istruzione data da un sistema scolastico fermo al 1800 (un liceo imperante) e' una determinate.
Il negozio italiano nasce nel paesotto dove e' l'unico esistente o quasi e fornisce di fatto tutto, come del resto e' successo anche altrove.
Quando nascono le citta' e le persone si concentrano i negozi inizialmente sono identici, poi piano piano diventano altro.
Dapprima si specializzano, poi nascono i grandi negozi ed infine la GDO.
Il problema e' che l’Italia, che ricordo nasce di fatto nel 1861, e' una nazione giovane che fino a al 1960 aveva gran parte della popolazione che era ad un livello d'istruzione tale da avere difficoltà nello scrivere il proprio nome.
Ancora negli anni 80 gran fetta della popolazione non sapeva compilare un assegno e il negoziante doveva scrivere la cifra che non sapevano come era scritta "unmilionequattrocentocinquantatre" era fuori portata.
Quelli che ora sono in pensione (e votano) spesso e' quella gente li.
Votano giusto perché basta mettere una X, dovessero mettere12341 per esteso meta' dei votanti sarebbe nullo.
Mentre gli altri stati erano arrivati ad un certo livello e bruciavano le tappe, da noi il negozio continuava a replicare la stessa formula.
Del resto anche l’acquirente era dello stesso livello, non ha mai cercato cose "particolari" fermo a pochi assoluti.
Cosi' mentre all'estero nascevano negozi specializzati (fotografia, HiFi, computer, TV, Piatti, Vini...) da noi l'ottico vendeva fotocamere (e oggi continua a vendere occhiali e al massimo fa la fototessera, ma in negozio troverai la sua fotocamera personale messa come se fosse una in vendita), l'HiFi si vendeva in un angolino appoggiata sul TV e cosi' via.
Prendero' spesso il mercato HiFi come benchmark perche e' molto specialistico e altrove ci sono negozi specializzati che vendono solo puntine o palazzi che vendono sola HiFi.
Del resto il consumatore non era in grado di capire molto.
Cosi' per vendere l'HiFi o il TV rispetto al concorrente a 200m cosa facevano?
l'unica cosa che il consumatore ebete capiva:
Battaglia termonucleare sui prezzi!
Del resto difficile spiegare la differenza fra una cassa e l'altra appoggiate rispettivamente sul TV e sul frigo.
Alla fine il concetto era fregare il concorrente, arpionando il cliente convinto magari da chi aveva speso per avere una sala HiFi con la vendita al ribasso.
"guardi, se le piace, lo procuro a 10.000 lire meno!" che poi era il 2% di sconto, chissene.
il risultato di clienti ignoranti sommati a negozianti ignorantissimi cosa ha portato?
Un ENORME CIMITERO di negozianti
Perché il guardare al ruBBo, al credersi furbi, ha creato un mercato in cui l'unica cosa impattante era il cartellino del prezzo, che non e' neppure il costo.
A sua volta questa follia pregna di ignoranza coatta ha sviluppato collaterali.
La prima la piu' colossale e' data dal fatto che i clienti hanno avuto meno valore per il proprio denaro.
L’interesse fondamentale per un acquirente è quello di avere una “performance” finale che sia il massimo all'interno del denaro speso e le proprie necessità.
In teoria.
Se hai comprato da "mo vie' qui che da mia ci a costa ppoco" non puoi pretendere nessun servizio che non sia una fregatura.
Nell'HiFi non erano rari i giradischi installati talmente a caxxo che ronzavano pure (non solo non erano tarati suonando di medda, ma si erano pure dimenticati di metterli a massa del pre).
Nel sourround non erano rari gli altoparlanti posteriori messi davanti, a qual punto risparmiare il prezzo di mezzo impianto avrebbe permesso un prezzo inferiore di tanto.
Camcorder che mai hanno fatto piu' di 15minuti di ripresa prima di giacere nel cassetto.
Fotocamere...
in pratica il consumatore non veniva servito, ma solo accompagnato alla cassa in virtu' del cartellino del prezzo.
La seconda cosa di questa cosa e' la concentrazione dei marchi.
Le persone, salvo sia una loro passione, e spesso neppure quelli, non ha una memoria infinita.
Hai i ricordi per 2-3 o al massimo 4 marchi.
Se non ti fidi del negoziante, del resto se lo vuoi fregare e' tuo nemico ancor prima di entrare, devi sapere su cosa battaglierai di prezzo.
In soldoni devi sapere marca e modello a memoria.
Hai appena chiuso la porta in faccia a qualsiasi marca che non sia mainstream che vende di tutto un po alla meno peggio.
Nessuno comprava una cassa canton, meglio una sony che costava 1/10, tanto e' uguaglio, tanto uguaglio che la roba seria di sony non arrivava neppure in Italia.
Pochi compravano un TV blaupunkt, molto meglio un mivar, tanto si vede uguaglio.
Non serve l'installazione, non vorrai pagare qualcuno (il prezzo e' importante!) per appoggiare un giradischi sul tavolo o schiacciare 2 tasti su di un sourround?
In pratica i beoti avrebbero comprato l'intera casa monomarca "preferita"
Non era una cosa di solo risparmio, è un concetto di essere conviti che sia la medesima, salvo poi smettere di usare intere classi di prodotto.
Altro problema del "sò fubbo con u pprezzo bbasso" erano i prodotti di contrabbando (chiamatele cartiere o simili, ma alla fine il concetto e' quello), prodotti spesso neppure destinati al ns mercato con tutti i caos che ne derivavano, alcuni addirittura senza fattura.
Gente che si ritrovava senza garanzia, con prodotti che non erano in grado di funzionare bene in Italia e simili.
Perché il cliente "sò fubbo con u pprezzo bbasso" andava dal panettiere e comprava il TV che non poteva vedere le partite (incazzandosi con me perche la CAM fornita non andava), comprava roba che non aveva centri assistenza, in pratica usa e getta e senza garanzia eccetera.
Questa spinta parossistica al "sò fubbo con u pprezzo bbasso" sia dai negozi che dai consumatori, entrambi ignorantissimi, ha portato incredibili distorsioni.
Per esempio il mercato dell'usato e' sempre stato ridotto al minimo.
Il mercato dell'usato implica che cambi un oggetto per un altro in un ottica di miglioramento (che sia per nuove tecnologie o prezzo piu' alto non importa).
Se non usi il prodotto perché lo hai messo nel cassetto, pensi che sia tutto uguaglio (e tu hai fatto l'affare della vita comprando basso come solo tu sai fare come tutti) eccetera, beh il mercato dell'usato non decolla.
Non hai motivo di comprare un prodotto migliore se lo lasci nel cassetto o pensi che non esista di meglio rispetto al minimo.
Aggiungiamo una cosetta: in italia paese di ladri e "sò fubbo con u pprezzo bbasso" "l'usato" era spesso ricettazione.
Con quella percentuale bulgare di RRuBBo... il mercato della ricettazione competeva per quote di mercato e distribuzione capillare
Alla fine in Italia il mercato dell'usato e' spesso stato
"ho consumato il prodotto fino all'osso, vediamo se qualcuno lo vuole ancora" o
"è rotto, lo riparo alla menopeggio e vediamo se riesco ad inxulare il prossimo"
Con queste premesse il mercato dell'usato e' sempre stato strano, di fatto l'usato e' sinonimo di fregatura e questo mercato ovviamente limita le vendite del nuovo: se esiste un mercato SANO dove posso vendere la mia vecchia fotocamera (TV, HiFi, ombrellone, sci...) che ha ancora un valore allora posso permettermi un oggetto nuovo. Se non esiste un mercato dell'usato mi conviene tenerlo fino a morte.
Uno dei piu' eclatanti casi stortura sono stati i venditori di usato spacciato per nuovo.
Spesse volte i negozianti "sò fubbo con u pprezzo bbasso" in realta' eran gente che intercettava quel poco usato di fascia alta e lo vendeva come nuovo, a prezzo pieno con uno sconto speciale dal 10-15% (per gli onesti negozianti imprendibile).
Non solo era il negozietto che vendeva il prodotto usato da un privato spacciandolo per nuovo, ma succedeva anche in grande:
"sò fubbo con u pprezzo bbasso" fece si che un marchio telefonico, preferito da una sedicente amica dei consumatori, vendeva regolarmente telefoni di rotazione spacciandoli per nuovi (alcune volte senza ripararli neppure) e poi lo fece anche per i ricondizionati.\
Ricondizionati molto ambiti dalla GDO che non e' scema, così ne intercetto' dai CAT a migliaia.
Se "sò fubbo con u pprezzo bbasso" e' tutto quello che cercano i beoti con inm mano i soldi, ti faccio una bella offerta speciale da 1000E a 500E! Ovviamente senza proferir fiato sul fatto che erano ricondizionati.
Non e' un caso che il mercato sia strano.
In un contesto del genere e' ovvio che un negozio specializzato in grado di dare valore ai soldi di un cliente non ha spazio.
L'arrivo della GDO oltre il food fra il 1993 e il 2003, oltretutto appoggiata dalla politica (sia di dx che di sx per motivi diversi) su di un sistema distorto dalle fondamenta implica che i negozi sono evaporati nel giro di secondi dove sono arrivate le grandi aree favorite dalla poLLitica.
Il Gigante della mia zona e' stato incolpato della morte di 250 negozi in 24 mesi dall’apertura (1995). Non so se le cifre sono corrette, non importa, ma intere vie del comune in questione si sono desertificate con un impatto anche nella mia vicina città...
Del resto perché andare a comprare altrove: il prezzo, almeno all'apertura, sembra basso e poi ti fanno le offerte speciali sotto costo e io "sò fubbo con u pprezzo bbasso" vado a comprare tutto dove mi fanno pagare il sottocosto successivamente sul salame con gli interessi.
Il problema della GDO e' che generalmente vende prodotti non specializzati di bassa lega e abitua alla mediocrità: marchi generalisti o particolarmente pubblicizzati (samung o apple, dicono nulla?) e di certo non hanno personale in grado di capire alcunché di differenza fra una piccola cassa portatile da 12 enne con BT, magari spacciata per 7.1, e un HiFi, magari a prezzo simile.
E' chiaro che anche se facessimo per assurdo un superbonus ai negozianti per pagare la meta' secca di tasse non risorgerebbero tanto facilmente.
Se il cliente cerca la monobar samsugo da 499E ("sò fubbo con u pprezzo bbasso u listino sta a 799") perché banalmente pensa non esista nulla di meglio e lui SA grazie al latino di avere ragione, non entrera' mai in un negozio dove lo vorrebbero fregare con un paio di casse serie grossomodo dello stesso prezzo e mai provera' un affare che pur costando di piu' gli fa dire
"orpola!, ma si pro' sentire davvero quella roba dalla televisione?"
"cavolo ma la spada di Kmerr ha davvero quel suono quando si sguaina?"
In pratica la poca cultura, la scarsa istruzione, punisce tutti i settori, in maniere indirette e perniciose, anche il commercio.
Se in italia non vendiamo libri, non vendiamo HiFi, non vendiamo un cavolo e la GDO domina, oltretutto sono aziende estere, beh la colpa e' dell'italiano "sò fubbo con u pprezzo bbasso".
E adesso che le merci possono partire da Spagna, Francia o Germania con l'e-commerce... beh, la GDO che non e' specializzata per definizione e' spacciata.
E nell'e-commerce il cartellino del prezzo e il prodotto mediocre vince su tutto.
Non e' un caso che dopo una partenza molto ritardata dovuta alla scarsa istruzione italiana, ed un fatturato online basso nelle aziende italiane, l'e-commerce per vendite sia ora su livelli altissimi e faccia morire negozi e GDO di molti settori.
Ma questo non dice tutto.
Il peggio deve ancora venire
4 commenti:
ahh… la nostalgia dei "bei tempi andati"… un po' quella di coloro che si "ricordano" di quando in italia c'era la lira e tutti erano ricchi e felici…
nel mondo reale, i "negozietti di quartiere", erano ben lungi dall'essere qualcosa di eccellente. anzi.
tipicamente erano un concentrato di squallore in cui il massimo prezzo incontrava la minima qualità, in gran misura per via delle leggi anti competitive di stampo sovietico che limitavano il numero di esercizi tramite concessioni e licenze (utensile ampiamente sfruttato di voto di scambio).
@Anonimo: forse hai ragione. Ma forse no. Ho 64 anni e penso di averli conosciuti bene i negozi di quartiere. Ovviamente c'erano anche quelli che dici tu, ma erano la minoranza e non duravano tanto.
Ma, per trovare un paio di scarpe adatte per i miei piedi problematici, sono dovuto andare nel negozio quasi-di-quartiere dove sono stato seguito con una competenza incredibile, e dal quale sono uscito felice. A proposito: le stesse scarpe su Amazon costavano di piu' (addirittura il doppio da un negozietto, sempre di Amazon).
Calzolaio per riparare delle scarpe? Trovamelo, che sappia lavorare, nella GDO!
Dovendo fare un lavoretto mi servivano alcuni attrezzi da ferramenta e, soprattutto, delle istruzioni: sono andato in una residua ferramenta di quartiere dove un ultrasessantenne competentissimo mi ha dato i pezzi giusti (e non erano quelli che pensavo io) e tutte le istruzioni relative. Perfino le guarnizioni della moka mia moglie le ha trovate solo da un altro residuo negozio di quartiere. Su Amazon c'erano solo cinesate (ma poi io quel caffe' lo bevo... e con cosa e' fatta quella gomma???).
Per di piu' la GDO si sta concentrando sui prodotti del proprio marchio per cui i pochi prodotti di qualita' stanno scomparendo. Eh, si'... per comprare alcune cose che prima trovavo senza problemi, ho dovuto rivolgermi ad Amazon. Prezzi alti, a volte altissimi, ma almeno le cose le trovi!
E cosi' via.
Qui a Torino, poi, i sindaci, anche e soprattutto quelli che hanno chiaramente blaterato che non avrebbero lasciato aprire altri supermercati, hanno dato ogni possibile licenza (a parte Esselunga, che, tanto per cambiare, ha sempre trovato molto difficile lavorare su certi territori).. Eh, gia': l'apertura di un supermercato fa entrare un sacco di soldi nelle casse del comune. Fanno comodo. Nel mio quartiere sono stati chiusi almeno un minimarket che serviva i pensionati privi di auto, una panetteria, una vineria, e non so cos'altro.
Lunga ma interessante analisi sulla questione. Secondo me è colpa del processo di americanizzazione dell'economia. Qui la grande distribuzione fa la parte del leone in ogni settore dell'economia, dalle farmacie al bricolage, dalla ristorazione alle... scarpe, tanto per seguire l'esempio del commento qui sopra. Poi Amazon ha dato il colpo di grazia ai piccoli negozianti, ed oggi l'unico settore che sopravvive è quello dei servizi: dai barbieri ai muratori, sono loro che rappresentano il nocciolo duro dei piccoli commercianti americani. Tutto il resto è in mano alle corporazioni, che fanno il bello ed il cattivo tempo. L'Italia non sta facendo altro che seguire a ruota questo modello scellerato, quasi come fosse il 52esimo stato degli USA.
@fred anche io sono in quella età. nelle grosse città era relativamente facile perché, anche con le leggi sovietiche dell'epoca di negozi "di quartiere" ne trovavi a bizzeffe, e ti bastava fare dieci minuti di passeggiata per schivare quelli pessimi. nei piccoli centri, però, il discorso era diverso. c'erano i tre-quattro negozi che, coscientemente o no, facevano cartello e fine. con il bonus che il gestore era tipicamente un spocchioso arricchito (raramente davvero "ricco" ma certamente convinto di esserlo) e ti trattava come una pezza da piedi.
poi, per carità, c'era e c'è quello che fa un lavoro perché gli piace farlo e quindi lo fa bene. ma ho dubbi su come siano distribuite le percentuali e, specialmente nei prodotti di uso comune (perché uno specialista, tipo un calzolaio o un sarto riesce "facilmente" a mettere del valore aggiunto, accanto al prodotto che vende) la parola d'ordine è sempre stata "minima qualità legalmente accettata al massimo prezzo che i clienti sono disposti a pagare".
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