La maggior parte degli analisti concordano nel dire che La crisi iniziò all'incirca nel 2006 per arrivare nel picco del 2008. Nonostante le notevoli misure messe in atto dopo sei anni è tutto uguale.
A parer mio, signor nessuno, piccolo bottegaio di provincia e jolly di una piccola azienda, quando cominciò ad accadere non fu una sorpresa.
Era più di 10 anni che speravo che NON arrivasse. Forse ho portato sfiga.
Quando si fanno certe scelte è alquanto banale che ci siano, per ogni situazione, delle conseguenze.
Non possiamo mai pensare che tutto ciò che facciamo e senza conseguenze. Altrimenti facciamo come alcuni verdi che non vogliono una centrale nucleare accendendo i condizionatori.
Negli anni 80 vendevo impianti Hi-Fi. Quelli di produzione italiana erano alquanto scadenti e parlando con i produttori veniva fuori una situazione assai bizzarra: era difficoltoso anche solo reperire i prodotti semifiniti come potrebbe essere un copri tasto o un telecomando. Questo stava accadendo perché la maggior parte della produzione si stava spostando verso HK o Taiwan, la Cina non era ancora partita.
Anche chi rimaneva come produzione localmente doveva scontare un abbassamento degli standard qualitativi dei propri fornitori o addirittura la mancanza degli stessi. Erano le stesse cose che avevo già sentito in ambito fotografico con le aziende che facevano fare obiettivi e macchine fotografiche in Giappone negli anni 70.
Negli anni 90 non era rimasto più nulla. Quel poco che rimaneva era qualche azienda di altoparlanti che non faceva altro che comprarli dall'estero e montarli in un mobiletto di legno, senza quindi tecnologia particolare di montaggio, e poche altre cose che si spacciavano di alta qualità quando invece era meglio abbandonarne l'acquisto. La Cina stava partendo alla grande producendo oggetti che comunque esteticamente erano assai convincenti. La Corea minacciava timidamente a importare oggetti funzionanti.
Dopo pochi anni, diciamo a metà degli anni 90, era abbastanza ovvio che i prodotti elettronici in Europa non venivano più costruiti come del resto in tutto il mondo occidentale.
Nella seconda metà degli anni 90 lavorando nel tessile stavo cominciando a vedere le stesse cose, ma che accadevano in maniera molto più rapida, di quello che era successo pochi anni prima nell'elettronica e comunque nel mondo dell'alta tecnologia.
Era abbastanza ovvio quello che stava per accadere: tutti gli operai avrebbero perso il lavoro
non sapevo dire quando, non sapevo dire in che maniera sarebbe capitato e sinceramente pensavo che durasse ancora un pochino ma la domanda è: se tutte le merci arrivano dalla Cina o dalla Corea e noi non produciamo più nulla in cambio di queste merci noi cosa possiamo offrire ?
Incredibilmente anche a persone apparentemente acculturate quando ponevo questa domanda negli anni 90 le risposte erano solo due.
La prima era sostanzialmente soldi.
Come se i soldi hanno un valore di loro. I soldi sono un comodo mezzo di scambio ma per funzionare dietro devono avere un valore. Quando abbiamo dato al cinesino che ha fornito 12.000.000 magliette dei foglietti di carta questo magari pretende di venire da queste parti e in cambio di quei foglietti di carta portarsi a casa qualcosa che non sia ancora la sua maglietta con magari un adesivo appiccicato sopra e che non sia la 3za ferrari.
Lui vuole, come tutti, un TV, un frigo, del riso, della pummarola eccetera. MA VUOLE che non siano costruiti da suo cugino Wang che e' in grado ovviamente di venderli direttamente a lui. Ma noi non abbiamo nulla di cio', neppure la pummarola visto che il 30% di quella “italiana” e' di Chung.
La domanda “cosa gli possiamo dare?” e' importante perche' una volta vendute le aziende (rover, jaguar e un domani fiat e il colosseo) non possiamo farlo una seconda volta.
La seconda risposta era spesso un arzigolo smontato il quale appariva la frase “qualcosa inventeremo”. Questo qualcosa è bizzarro perché delle cose che abbiamo inventato al momento le abbiamo date, cedute, a poco prezzo sotto forma di brevetti ai cinesi e non è pensabile che qualcosa che non è neppure ipotizzabile si possa realizzare in breve termine.
Appare quindi banale se si è notato tutto questi segnali che continuavano ad esserci per più di vent'anni che uno dei due grossi motivi della crisi finanziaria non è problema finanziario ma un problema del fatto che si è pagato qualcuno per lavorare al posto nostro e questo qualcuno va pagato con i soldi REALI (non foglietti di carta) che se non lavoriamo non guadagniamo.
Moltissime persone che avevano stipulato un mutuo, ed è successo anche in Italia basti vedere le leggi che si sono fatte su questo tipo di credito, si sono trovate senza lavoro e hanno dovuto vendere la casa.
Questo ha fatto abbassare il valore degli immobili e persone che contavano sulla crescita di valore per andare in pensione o semplicemente per avere dei soldi che occorrono per superare un momento difficile dovuto al lavoro che non è più brillante come una volta si sono trovate in difficoltà enormi.
Ecco quindi che milioni di persone si sono trovate nell'impossibilità di proseguire nel pagamento del mutuo o nell'impossibilità di prendere dei soldi attraverso quest'ultimo per superare quel momento di difficoltà che in realtà sta durando un decennio.
La crisi è stata definita finanziaria in realtà ha delle solide basi nel mondo reale e il voler competere con miliardi di persone abituate a standard molto diversi di vita non può avvenire in una piattaforma di disparità relativa interna. Il libero mercato è tale quando tutti quelli in competizione hanno le stesse opportunità ma quando una delle due entità accede a risorse diverse accade che il mercato non è più libero ma drogato.
Se le aziende come APPLE può permettersi di di delocalizzare ed accedere a queste opportunità l'azienda se e i suoi dipendenti, almeno quelli che rimangono, vive bene. Ma Apple ha un operaio in USA ogni 100 in cina, vuol dire migliaia di ex operai USA. Vuol dire che Apple e' cinese.
L'entità ancora più piccole come sono i lavoratori, gli operai, impiegati ecc. non possono fisicamente delocalizzare e per quanto non la vogliono capire perché inneggiano a stupidi slogan quali “ il lavoro è un diritto” non riescono a capire è finito il tempo del padrone e dei pantaloni bianchi ed è iniziata una competizione selvaggia nel quale l'altra parte della barricata non è più il datore di lavoro ma è operaio cinese a 50.000 km di distanza. Anzi dovrebbero capire che in molti casi e' meglio che si alleino con quel padrone che e' sulla stessa barca e ha una fifa maledetta perche' dalla coffa vede bene quanta me_rda sta per arrivare.
O si sistema questa cosa attraverso barriere contro la delocalizzazione, e a me viene in mente solo un sistema di dazi, magari un po' intelligente legato ad indici, oppure TANTA gente è destinata a perdere il lavoro non potendo competere con un'entità completamente diversa.
Perche' non si opera in quella direzione? Semplicemente perche nessuno vuole inimicarsi gli USA, un grande mercato, che a sua volta non puo' inimicarsi la Cina che con quei foglietti ha in mano molte azioni e titoli di stato amenricani. Basterebbe una vendita di quei valori in cambio di qualcosa di piu' reale (oro, giappone o colossei) per mandare in rovina la borsa americana. I Cina non sono scemi e tengono il mondo per le palle.
Qualcosa con i foglietti di carta, tutto sommato, hanno comprato: NOI
Siamo ancora convinti che e' colpa delle banche?
Siamo ancora convinti che la crisi dei mutui sia causata dai mutui?
Il primo motivo grave e concausa del secondo e' stato di esportare mano d'opera.
3 commenti:
e intanto la pollitica si sfregava le mani insieme agli imprenditori...
non ho capito il commento.
io credo,come ,diversi testi tecnici riportano, che la sconfitta che l'economia occidentela s'è beccata è sostanzialmente legata alla perdita di vantaggi competitivi in settori strategici nazionali (ad ex in italia l'alta manifattura artigianle)...dovuta ad una vagonata di scelte politiche globali che hann pensato bene alla globalizzazione ma non si son preoccupati di disciplinarla in maniera idonea...perchè di base è un' utupia in quanto occorrerebbe che tutti i Paesi partecipanti alla gran party della globalizzaziobne avrebbero dovuto possedere le stesse condizioni economiche,mercato del lavoro,sistema di diritti etcc..in modo tale da consentire a tutti gli stati di realizzare uno libero scambio di merci/persone/capitali ottimizzato.L'effetto principale di questa globalizzazzione?? Gli strepitosi tassi ddi crescita delle economia "un tempo povere" oggi diventate enormi....che si son viste alla porta un botto di aziende anche di altissima gamme (con commesse,delocalizzazioni,partnership commerciali etcc...)..una grandissima fetta di capitale umano altamente specializzato e brevetti..e chiaramente il dinero delle economie "occidentali".
la crisi del 2008 è stata definita finanziaria perchè alla base di quest'ultima c'è stata la decisione di palesare da parte degli stati uniti,delle difficoltà economiche di LemanB....(erogavano crediti ad altissimo rischio perchè la società attuale vive sopra le preoprie possibilità..e invece di tenersi il coppone iotecario ,ringraziando la finanza creativa riconfezionavano i prestiti fatti sotto forma di titoli e li giravano a società assicurative/di investimento speculativo (titoli strutturati/derivati...i titoli ninja alias subrprime)...alla fine del gioco il sipario è caduto e s'èe scoperto che tutte le main banche erano inguacchiate con questi giochetti...s'è cercato di arginare l'effeto domino..co forti iniezioni di liquidità degli stati nelle banche..in ita stiamo stati fortunati(il nostro sistema finanziaro esendo giusrassico/preistorico (grazie a damato/dini) non ha avuto modo di essere infettato direttaemnte...tuttavia tutti quanti,subiamo il contraccolpo dovuto essenzialmente dalla sfiducia,dalla sudditanza ai cazzi di mercati finanziari,dall'assenza progressiva dell'economia reale (siamo diventati un paese terziarizzato...si producono solo servizi...di concreto c'è rimasto davvero poco)
scusate le sgrammaticature,errori di battitura e altro ma ho scritto al volo e senza rileggere ..
saluti mbhà Juan.
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