venerdì, marzo 21, 2008

cina & europa




gli schiavi cinesi che costruiscono i prodotti per noi supera l'immaginazione: si lavora a temperature sottozero in inverno all'interno di capannoni senza riscaldamento, d'estate non importa la temperatura raggiunta in alcuni settori tanto, senza guanti, senza mascherina, senza nessun tipo di protezione a contatto diretto con veleni di ogni tipo non è certo un po' di caldo in più il problema.
I turni sono di 12-15 ore al giorno e non si fanno distinzioni fra giovani, vecchi o donne. Spesso vengono impiegati anche bambini, ma non è questo il problema se ci pensate bene. Tutti, in ogni caso, mangiano all'interno dell'azienda e dormono ammassati su letti a castello sempre in fabbrica.
Se vi sembra una cosa strana pensate che alcune delle foto che documentano cose di questo tipo, i refettori, i letti a castello e alcune delle zone produttive sono spesso indicate all'interno dei siti di molte aziende cinesi come pregio, innovazione o miglioramento. Figuratevi le aziende che non sono così avanzate.
Voci di corridoio dicono che in Cina chi monta un iPod riceve uno stipendio di 40 euro assolutamente inadeguati quindi per poter far sì che l'operaio possa acquistare non solo merci estranee alla Cina ma anche ciò che gli serve per potersi mantenere in salute.

Giusto per capirci: nonostante la Cina si appresti a vomitare quantità di autovetture a bassissimo prezzo che soverchierà lo status quo dei lavoratori europei, nonostante il governo di Pechino abbia più volte affermato che non ci sono problemi di qualità del lavoro all'interno degli stabilimenti dei grossi costruttori automobilistici cinesi, fino a oggi nessun giornalista è mai stato ammesso ai reparti produzione...


Perché dovremmo preoccuparci dal fatto che i cinesi nelle fabbriche muoiono come mosche?
perché dovremmo preoccuparci dal fatto che in Cina gli operai non hanno diritto a nulla?

Forse anche coloro i quali preferiscono seguire le sorti del panda anziché degli esseri umani dovrebbero fare un pochino di attenzione: la bassa paga dei cinesi non deriva dal fatto che, come vorrebbe la leggenda metropolitana, "essi mangiano solo un pugno di riso", ma bensì dal fatto che non devono pagare ospedali, strade, medicina, giustizia e tutto quello a cui normalmente noi siamo avvezzi.
In un contesto fortemente voluto dal pubblico, "è meglio comprare una borsetta a € 10 meno" indipendentemente da ciò che comporta, l'effetto collaterale di questa corsa al ribasso è l'entrata in competizione del nostro mercato del lavoro con quello cinese.
Esemplificando col dire che o rinunciamo a tutto quello che abbiamo guadagnato negli ultimi 200 anni per poter avere gli stessi prezzi oppure siamo obbligati a far salire le loro necessità.
La seconda opzione, trasformare i cinesi in europei, non è praticabile in quanto deriva da tutta una serie di evoluzioni e rivoluzioni che sono durate quasi un millennio.
L'abbassamento qualitativo della nostra vita lo stiamo vedendo: l'abbassamento del nostro potere di acquisto, che alcuni furbescamente hanno insegnato ad incolparne la moneta unica europea, è solo un piccolo segnale dello smottamento che precede un grosso terremoto.
In Veneto molte fabbriche di biciclette esportano i telai da verniciare nella vicina Jugoslavia ed il montaggio viene fatto un territorio italiano da lavoratori in nero, spesso anche i neri di pelle. Alle mie domande la risposta era se preferivo una bicicletta cinese o una prodotta in Italia in nero. Voi cosa preferite?
fra il 2001 ed il 2005 alle circa il 20% delle aziende mie fornitrici in ambito tessile hanno chiuso i battenti e la stessa azienda per la quale lavoravo non si è più potuta sostenere. Le sole tasse che andavamo pagare erano superiori al costo degli oggetti finiti se fossero arrivati dall'est.
Chiaramente ai manager tutto ciò non interessa, spesso vengono giudicati a brevissimo termine, sei mesi od un anno, il loro obiettivo è l'incremento del fatturato o del guadagno. Ecco quindi che tutte le aziende si sono riversate in Cina e fra loro nomi insospettabili. Mercedes,bmw, Armani, Renault, Candy,Prada, Canon.... e molti fabbricanti di PUMMAROLA. Da stime spannometriche derivanti dai sequestri di navi intere ricolme della rossa sostanza, sommate a marchi di cui non è chiara quale sia la sede sociale potrei azzardare che un quarto della pummarola venduta in Italia sia di provenienza asiatica.

Nasce la domanda banale: con cosa stiamo pagando la Cina?
certo con foglietti di carta con scritto euro, ma a cosa corrispondono?
non certo con prodotti: spesso anche con i nostri marchi li producono loro. L'unica risposta sensata è che li stiamo pagando con quello che non dovremmo mai cedere: tecnologia e territorio. Il primo sta finendo, ormai fanno cose che noi non possiamo fare, il secondo è comunque una risorsa finita.

Continuando su questa strada potremmo trovarci nell'impossibilità tecnica di avere risorse per poter continuare a vivere in una società così fantastica.


ma tutti zitti zitti....

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Alle mie domande la risposta era se preferivo una bicicletta cinese o una prodotta in Italia in nero. Voi cosa preferite?
Non lo so: mi tenta la risposta "Vado a piedi", ma ignoro la nazionalita' dell'operaio che ha materialmente fabbricato le scarpe.

Un nuovo lettore.
elf

blu-flame ha detto...

"Vado a piedi", ma ignoro la nazionalita' dell'operaio che ha materialmente fabbricato le scarpe.

Sarebbe una buona risposta in un libero mercato.

In questa situazione e':
Vado a piedi perche' ho perso il lavoro ignorando la nazionalita' della bici.